Articoli di giornale

Ma Dè, Sara Madera blog

   Sarà un posto dove condividerò pensieri e parole delle mie esperienze, cestistiche, di vita e di viaggi.  Vi starete chiedendo perché que...

domenica 23 giugno 2024

20° Torneo Armana di Tortona

E' passata una settima esatta dal torneo di Tortona. Fine settimana che poteva prendere due direzioni opposte, la prima era quella di rimanere a casa a fare poco o niente, l'altra quella di accettare l'invito delle amiche di sempre e tornare a giocare un torneo del circuito FIP. Secondo voi quale delle due direzione ho peso? Naturalmente la seconda 😜
Da quando ho imparato a prendere le sfide che si presentano trovando almeno due soluzioni, in effetti le cose le affronto in maniera diversa: non è tanto ciò che ti capita ma come reagisci ad esso, l'ho sperimentato e funziona, quindi al messaggio di Smomo (al secolo Giovanna Smorto) "siamo in tre vieni a fare l'Armana di Tortona con le PowHer?" ....ma perché no dico io!
Tempo di capire dove è Tortona, tempistiche, logistica e parto alla volta di Tortona, obbiettivo una domenica di divertimento e perchè no, tornare a vincere. Vincere sì perché per chi fa sport agonistico e professionistico anche se la legge non lo contempla, per chi, come me, vive di sport e si reputa fortunata a poterlo fare, il rapporto con la vittoria a mio avviso è fondamentale, è linfa pura che alimenta il lavoro quotidiano. Nello sport si vince e si perde, prima impari a perdere e prima arrivi a vincere, ma la sensazione che ti da la vittoria crea dipendenza che sia il Torneo Armana o l'Oro Europeo è una percezione che se non si prova non si può spiegare.  Non credo di esagerare, competizioni diverse, ma una vittoria è sempre una vittoria; spesse volte ti guardano come fossi una aliena dopo una affermazione di questo genere, ma per chi fa sport, da' quell'energia che serve nel quotidiano per creare l'attitudine al lavoro giornaliero. Insomma non so se mi sono spiegata, ma vincere a noi atleti serve e non poco e tornare a vincere è una gran bella cosa, ma prima c'è da prepararsi e giocare, nessuno regala niente a nessun livello di competizione, quindi valigia e via.


Appuntamento sul campo, all'arrivo lo speaker annuncia la mia presenza... ah ok, si fa sul serio allora😂Pronti via, mobilità e si parte, prima gara, seconda gara, arriva la prima sconfitta che ci sta, prima partita con nuove compagne, a parte con Gio ci gioco da sempre, ma per creare l'intesa con Alice e Agnese qualche allenamento ci vuole, anche se spesse volte sento dire "una che sa giocare dove la metti la metti...", ma vi posso assicurare che non è cosi in un gioco di squadra, poco o tanto bisogna trovare sintonia di gioco; specialmente nel 3X3 dove i ritmi sono di gran lunga superiori al 5vs5.
Comunque niente è perduto, passiamo il girone come seconde e andiamo ad incrociare la prima dell'altro girone: per vincere il torneo, prima o dopo devi scontrarti e vincere con tutte. Partita molto combattuta: dopo i primi minuti la squadra avversaria si porta sul 6 a 1. Sembrava non avessimo scampo, facevamo fatica a segnare e in difesa un po' troppo distratte, non ci siamo perse d'animo, ci siamo guardate negli occhi e ci siamo date forza a vicenda: nel 3x3 ancora di più rispetto al 5vs5 mai dire mai, la partita non è finita fino al fischio finale. Nel corso della partita diventiamo più aggressive, sia in attacco che in difesa, recuperiamo il gap fino ad arrivare in vantaggio e vincere con una scarto di 2 punti: volevamo quella vittoria e ce la siamo presa con tutte noi stesse.

Le finali per me sono da sempre un adrenalina speciale, certo voglio vincere, ma l'impatto non è sempre facile, anche perché le avversarie mediamente vogliono la stessa cosa, ma a vincere sarà una sola. Anche questa è stata una partita combattuta, ma questa volta dal primo minuto: non volevamo partire con il piede sbagliato, anche perché, non è sempre facile riuscire a recuperare, soprattutto perché la finale è stata la nostra quinta partita di giornata. Atmosfera fantastica, in una piazza di Tortona che aveva comunque il suo perché... sirena finale, la spuntiamo noi. 


Sappiamo che i risultati sono importanti e, citazione di una mia amica, avere pressione è solamente un privilegio, ma sono fortemente convinta che l'aspetto più bello nel disputare un torneo del genere è il rivedere, dopo tanto tempo, ragazze con la quali giocavi insieme o contro e passare una giornata in loro compagnia facendo quello che più amiamo: divertirci giocando a basket. Si rincasa con il pieno di energia e motivazione per continuare la preparazione estiva....al prossimo post💪



domenica 9 giugno 2024

Diario di bordo spagnolo

Made in Spain

 

È finita da poco la stagione e mi sento di scrivere un po’ riguardo a questa prima esperienza fuori dall’Italia; sono successe tantissime cose, e penso vadano raccontate sia a mente fredda, sia a caldo, per trasmettere sensazioni ed emozioni, quelle autentiche.

Mi è sempre piaciuto scrivere perché credo che un racconto, soprattutto fatto “a caldo” possa essere un’istantanea del momento che si vuole immortalare, senza filtri, perché guidati alle emozioni e sensazioni provate in quel momento. In questo caso possiamo dire di essere coloro che fotografano la scena, ognuno con i propri punti di vista e pensieri.

Parlo al plurale perché credo che questa avventura, la mia, possa essere in qualche modo anche la vostra, che vi possiate rispecchiare, condividendo o meno le scelte, le situazioni che sono accadute o semplicemente scorrere tra queste righe le avventure in terra spagnola. Alla fine, ognuno di noi è l’artefice del proprio destino, ma lasciatemelo dire: a volte serve un po’ di coraggio e un pizzico di fortuna. 

 

Prima di cominciare partiamo subito con un piccolo aneddoto. 

All’inizio di quest’estate una ragazza mi scrive chiedendomi se potessi regalarle una mia maglietta, essendo una fan da sempre e che le avrebbe fatto piacere avere una mia canotta. Apro il suo profilo Instagram e scopro che è proprio di Gernika e che, qualche anno fa, aveva giocato proprio là. Non ci potevo credere. Quante possibilità c’erano che potesse succedere una cosa del genere? Avevo già firmato per venire a giocare qua, ma ancora non era ufficiale. Decido di risponderle “in questo periodo sono in giro per l’Europa e non riesco a mandartela, potresti riscrivermi tra un mese?”; sarebbe stato il periodo della mia ufficializzazione. Proprio qualche giorno prima, M. non esita a riscrivermi e allora a quel punto le svelo la sorpresa: la maglietta gliela avrei data dal vivo visto che venivo a giocare proprio a Gernika. È stato pazzesco come lei mi avesse scritto un mese prima, senza sapere niente, a prescindere da tutto. Quando ci siamo viste è rimasta incredula e anche io con lei, ero molto felice di avere già un piccola fan al mio fianco in questa esperienza. È venuta a tutte le nostre partite in casa, tranne quando anche lei giocava in contemporanea e a fine della partita ci fermavamo a fare due chiacchere e a farci una foto, era diventato il piccolo nostro rito. Ma facciamo un passo indietro…

 

Parto per una nuova avventura. Non so cosa mi aspetta, e dove mi porterà, sembra di vivere in un sogno, ma forse più che un sogno una specie di bolla, come se fossi una spettatrice. Inizio di stagione turbolento perché con la Maglia Azzurra andiamo a disputare l’europeo 3x3. Mi unisco, poi dopo riparto per poi ritornare e ogni volta che salivo sull’aereo in destinazione Spagna, non ci volevo credere: sta succedendo veramente?

Magari è così perché è la prima volta che vado a giocare fuori dall’Italia, da straniera, in un mondo e con responsabilità nuove, uscendo dalla mia confort zone, nonostante io debba compiere 24 anni. Viaggio in aereo, lato finestrino, quello che mi piace tanto (anche se con le gambe non è molto comodo). Osservo le nubi e penso: “Sara lo stai facendo veramente?”, con in testa la voce delle tante persone che mi ripetevano: “ma sì tu dici di voler fare un’esperienza fuori, ma solo a parole…” altre ancora “ti manca sempre quel pezzetto in più di strada da fare, quel coraggio, che ti fa prendere effettivamente la decisione di spostarti.” Ecco la mia risposta, come spesso accade con i fatti, lascio parlare gli altri, ascolto tutti ma poi sulla mia vita lavorativa e non solo decido io e questa volta è fatta! Sto partendo! Non credo il partire riguardi il coraggio, penso di averlo (in fondo ho lasciato casa a 15 anni), ma magari l’idea di andare in un altro paese, cultura, con una lingua differente e tutte le difficoltà normali che ci possono essere, può destabilizzare. Piccola precisazione a proposito della lingua: italiano e spagnolo sono abbastanza simili, è vero, ma qui a Gernika si parla basco: tutto un altro pianeta, non c'entra niente!!

Arrivo a destinazione: l’accoglienza è fin da subito eccezionale.

Viene a prendermi il vice allenatore che poi in realtà sarà il nostro primo, ma questa è un’altra, lunga, storia che vi racconterò in seguito. Arrivo a casa, con le mie valige tranne quella che avevo imbarcato con me che come spesso succede non è arrivata: benissimo! Fortunatamente avevo spedito delle borse qua a destinazione così da avere un po’ di roba e iniziare a sistemare la mia nuova casetta, non super nuova ma tenuta bene: mi inizia già a piacere. L’unica differenza rispetto allo scorso anno è che abiterò con un’altra ragazza, venendo da due anni dove abitavo da sola, non sarà facile, lei sembra timida e riservata.

La mia più grande paura iniziale nel venire qua? Credo sia la lingua. Chi mi conosce sa che il mio inglese non è fluente, anche il fatto di abitare con una ragazza lituana mi spaventa: come comunichiamo? 

Primo allenamento una bomba, adrenalina alle stelle, osservo, catturo con lo sguardo tutto quello che mi circonda, il modo di lavorare e come l’allenatore, comunica con noi e si comporta: per me, per certi aspetti è qualcosa di nuovo. Mi trovo già benissimo, con lo staff che inizia già a spronarmi per migliorare e non dare niente per scontato. Una correzione che mi è rimasta subito impressa? Una volta fatto il blocco, fare un flash verso la palla per poterla ricevere e avere la possibilità di giocartela. In quello che dico niente di nuovo naturalmente, ma al coach premeva molto e ogni volta che non lo facevi, non perdeva mezzo secondo per fartelo notare, così che potesse diventare automatico. Mi trovo subito molto a mio agio, con tutti, ma è solo trascorso un allenamento, vediamo come prosegue. 

Secondo allenamento, tutto bene fino a quando non metto il piede, in un salto, sopra ad una giocatrice che stava attaccando. Non ci voglio credere. Veramente? Mi fermo, riconosco subito il dottore andando nel suo studio, fortunatamente non è niente di grave ma, stranamente rispetto al solito, mi esce un livido che faceva apparire più brutta la situazione di quella che realmente era. Qua in Spagna, o almeno qua a Gernika utilizzano un tape che per me è “leggero” e diciamo che l’ho imparato un po' a mie spese, anche se è andata a finire bene. Fasciatura più stretta, mi e ci siamo procurato del tape più forte, stringo i denti e mi alleno. Qualche giorno dopo ritorno in Nazionale per l’europeo 3x3 ma al ritorno in terra basca iniziano le sorprese. 

 

Rientrata dalla nazionale raggiungo la squadra in Francia per una partita amichevole precampionato, lo faccio volentieri: vorrei giocare almeno una partita prima di iniziare il campionato e cominciare ad amalgamarmi in maniera definitiva al gruppo. Arrivata in albergo mi comunicano che l’allenatore non era più con la squadra. Inizialmente, avendo avuto un lutto in famiglia nei giorni precedenti, credevo che la motivazione fosse quella. Invece non c’entrava niente: la dirigente cerca di raccontarmi il fatto, un po’ in spagnolo perché non sa bene l’inglese, solo che ancora non sono così ferrata anche perché si stava trattando di cose serie. Mi raggiungono in camera i due capitani e con sangue freddo mi raccontano il fatto: Il coach ha a suo carico una denuncia, il fatto sarebbe successo all’incirca 25 anni fa secondo l’accusa, non sappiamo i dettagli,  sappiamo solamente che è sotto processo e che, nella settimana in cui sono mancata, ci sono stati vari sviluppi allenatore-giocatrici, in quanto alcune ragazze non si sentivano in condizione di continuare a farsi allenare, fino ad arrivare, alcuni mesi dopo, a perderne una, che ha deciso di cambiare squadra.

 

[…] Molto velocemente arriva l’arrivo della prima partita ufficiale, in casa contro Ensino Lugo, squadra nella quale si trova la leggenda della pallacanestro italiana Cata Pollini. Ripensando a quei giorni mi vengono in mente le parole di una mia compagna di squadra, dell’allenatore Lucas e del marito di Cata a fine partita. Sono molto emozionata, ma nello stesso tempo concentrata a fare il meglio possibile, ci siamo sempre allenate bene e vogliose di iniziare con il piede giusto il campionato: le parole di Lucas qualche giorno prima della partita sono state “è importante iniziare bene il campionato, con la prima vittoria in casa, ma la prima partita può essere la più difficile perché per alcune di voi è la prima esperienza nel campionato spagnolo, ed anche perché, iniziare con una vittoria porta subito il morale alto. È difficile poi ritornare nella giusta carreggiata dopo tante sconfitte e quando il morale piano piano inizia a scendere e l’atmosfera disi fa sempre più pesante”. Ripensando a queste parole, adesso, a fine stagione, aveva proprio ragione. La partita contro Ensino l’abbiamo portata a casa ed è stato un bel primo passo verso l’inizio della stagione, con il primo obiettivo di qualificarci alla prestigiosa “Copa de la Reina”. La mia compagna di squadra e il marito di Cata sembrano essersi messi d’accordo perché quello che mi hanno detto è stata una fiammella in più che si è accesa dentro di me: la compagna di squadra, anche per tutte le partite di preseason mi ha sempre detto “hai un sorriso sul volto che è impressionate, si vede proprio che sei felice di essere qua e giocare” e il marito di Cata ha esordito dicendomi “si vede proprio che qua stai bene e sei felice, sono contento di vederti così, continua così”. Non mi nascondo che mi ha fatto molto piacere, mi sentivo e mi sento viva e fortunata di fare come lavoro la mia passione più grande: giocare a pallacanestro. 

La stagione prosegue senza intoppi, dopo le prime partite siamo nella classifica alta, lottando contro le big per riuscire a portarci qualche punticino in più sulla classifica. E così fu: vinciamo contro Valencia e Avenida in casa nostra, con la spinta del pubblico, sempre più numeroso in Maloste, il nostro palazzetto. 

 

Ma la vicenda giudiziaria dell’ormai ex- coach non è finita con il suo allontanamento dalla squadra, perché a metà dicembre esce la vera BOMBA, un articolo del 17 dicembre sul quotidiano “El Pais” nel quale il giornalista spiega e sviscera i dettagli della vicenda secondo l’accusa. 

Ma facciamo un passo indietro. 

Io non conosco di fatto il coach (sono stata in palestra con lui solo una settimana scarsa), e ancora meno la ragazza; quindi, sono l’ultima persona che in questa situazione può parlare e soprattutto giudicare. Una volta che l’allenatore è stato allontanato da noi per decisione unanime, la società visto che era sotto processo e non c’era niente di “definitivo”, ha deciso di tenerlo nel Club, lavorando dietro le quinte, con faccende burocratiche, mansioni che non ci riguardavano direttamente, ma lui, ad ogni allenamento e video era presente per guardare gli allenamenti e forse coordinare dall’alto, anche perché fin dall’inizio doveva essere proprio lui l’allenatore. Ma questo atteggiamento ad alcune atlete non è andato giù nel migliore dei modi, fino ad arrivare, da parte di alcune giocatrici, a chiedere gentilmente di allontanare definitivamente il coach dalla società, o almeno, che continuasse a lavorare, ma senza che le giocatrici potessero vederlo, perché questo non le faceva stare tranquille. 

Così però non è stato, probabilmente c’era qualcosa di più grande rispetto al “potere” decisionale delle giocatrici, fino ad arrivare al punto che una giocatrice ha dovuto “abbandonare” il gruppo perché non si sentiva bene a continuare in questa condizione. Con molto dispiacere abbiamo così salutato una compagna di squadra, e una volta andata via, la presenza del coach è diventata maggiore, da scendere anche sul rettangolo di gioco. Personalmente si può dire che non mi faceva né caldo e né freddo, nel senso che finché non c’è una sentenza, non sono nessuno per poterlo giudicare, l’ho conosciuto solo una settimana e mai e poi mai avrei pensato ad una cosa del genere, ma chi lo sa cosa è successo veramente. Nessuno lo sa, solo chiacchere. È stato lui a volermi in squadra, a darmi fiducia e tramite l’assistente, Lucas, farmi giocare una ventina di minuti di media, senza nessuna imposizione, i numeri gli davano ragione. Tutta questa situazione di stallo termina però a metà dicembre, quando esce il famoso articolo di giornale, dal quale poi il coach viene allontanato definitivamente dalla società in quanto anche la federazione spagnola ha preso posizione sulla vicenda.

 

17/12/2023

“Qua in Spagna mi trovo molto bene, stiamo rientrando da Gran Canaria, una partita vinta ma sofferta, come tutte le partite giocate fuori casa e oggi, prima della partita, è uscito l’articolo riguardo Mario, quello che doveva essere il nostro primo allenatore denunciato per molestie sessuali. L’articolo parla e racconta le dichiarazioni della vittima, un fatto successo nel 1998, quindi 25 anni fa. È incredibile come la ragazza abbia denunciato questo fatto dopo così tanto tempo, ma dicono che è normale, molto. Non c’è stata ancora una sentenza, ma è e rimarrà in questo momento una sua parola contro la ragazza. E come fai? A chi credi? Lo consoci da così poco tempo che tu non sei nessuno per renderlo colpevole o meno di un reato successo quando non ero nemmeno ancora nata. Le persone parlano, reagiscono in modo diversi e naturalmente hanno idee ed opinioni differenti a riguardo: ad esempio una giocatrice ha lasciato la squadra per questo motivo. All’inizio della stagione mi sono assentata una settimana per la nazionale, sono tornata e le ragazze mi hanno spiegato la situazione. È stato molto strano, si dice che la società sapeva e non ha fatto niente, le persone e il presidente conoscevano la storia ma hanno sempre fatto finta di niente fino a quando non è stato più possibile. Non sono la persona che si schiera, tutti sanno bene che questi argomenti sono molto delicati e sicuramente non conoscendo le persone ancora meno. Ho conosciuto Mario appena una settimana, non mi è mai sembrato una persona che potesse fare una cosa del genere, ma mi ha fatto anche pensare -leggere il modo che aveva di allenare o pretendere delle ragazze cose non consone, come non poter indossare le culotte-. Ripeto sono parole al vento, di due persone in questo caso che discutono sul proprio passato e naturalmente negato da parte di lui. Non voglio immischiarmi, non voglio rivivere alcuni momenti, giudicare, incolpare le persone, non sono nessuno per farlo. Adesso gioco in una squadra nella quale per anni ha allenato lui e che porta anche sponsor e soldi, nessun problema, vado in palestra per svolgere il mio lavoro, il mio “business”, dare il massimo e andare a casa… ma la gente parla ed ha già iniziato soprattutto adesso sui social, in un mondo diventato più che digitale. Gente che magari si nasconde anche dietro ad un nickname per dire che in questo momento, noi come giocatrici, siamo messe in mezzo, che anche noi sapevamo e non abbiamo fatto e detto niente, anche se a mio avviso non c’è molto da dire o aggiungere. Sarà il giudice, il processo a fare corso e non di certo noi giocatrici. La gente parla e continuerà a farlo, spero solo non sia penalizzante per noi e per quello che facciamo, anzi, quello che amiamo fare: giocare a basket senza dover preoccuparci del mondo esterno, almeno quando siamo all’interno del rettangolo da gioco. Non so come andrà a finire questa storia, non lo sapevo ad inizio stagione quando ho iniziato a capire la situazione e la faccenda, e non lo so tuttora e probabilmente fino a fine anno non si saprà. 

Domani ci sarà una manifestazione in città inerente a questo fatto: sarà una cosa positiva o creerà ancora più scompigli? La cittadina parla, ed adesso che è uscito questo fatto non smetterà presto, spero solo che non si ripercuota su di noi, visto che stiamo andando anche molto bene rispetto alle aspettative di inizio stagione, tenendo conto di tutti gli alti e bassi che ci sono stati.”

 

… Ma purtroppo questa faccenda ha portato meno spettatori sugli spalti nelle partite successive: se prima la gente doveva stare in piedi, adesso sugli spalti ci sono dei buchi “importanti”. 

 

Sono passati già alcuni mesi ed ogni tanto mi dimentico di essere qua perché nonostante tutto mi trovo molto bene: dalla finestra sento parlare spagnolo o addirittura basco e mi dico “perché non parlano italiano” “ah già Sara, che scema”. 

Prima di venire qua non conoscevo bene il territorio basco, anzi, non lo conoscevo proprio per niente. Nei primi mesi, ma poi anche durante tutta la stagione, quando avevamo un giorno libero mi piaceva e mi piace andare a visitare posti nuovi. Il mio posto che fin da subito è diventato il mio preferito è Laga, il posto sul mare, o meglio, sull’oceano a una quindicina di minuti da casa mia. È stupendo: un misto tra montagne e mare, in una sinfonia perfetta di colori e luci. Questa vista non mi stanca mai, avrò non so quante foto sul telefono di questo scorcio perché per me è proprio caratteristico e da un senso di pace e serenità assoluta, proprio come tutti i posti di mare, almeno per te. L’acqua è freddissima, ma non potevo aspettarmi diversamente dall’oceano. Qua vicino a Laga, letteralmente a 5 minuti di macchina c’è un altro scorcio di mare che merita molto, si chiama Laida e la caratteristica di questa spiaggia è che si può vedere, proprio di fronte, la cittadina di Mundaka, molto carica anche quest’ultima e, quando c’è la bassa marea, si può raggiungere a piedi: Laida e Mundaka sono collegate da un prato di sabbia solitamente umida. I paesi baschi sono famosi per il clima pungente, essendo sull’oceano, solitamente fa molto freddo e molto spesso piove. Quest’anno fortunatamente è stato tutto il contrario, ha fatto delle bellissime giornate fin dall’inizio, molto sole e clima mite: con questo tempo non è stato difficile andare a visitare cittadine e località marittime. Un altro posto che mi è rimasto molto impresso è il porto di Lekeitio: quando vi è la bassa marea, emerge un vero e proprio sentiero che collega la spiaggia di Lekeitio ad una piccola isola situata proprio di fronte. Il giorno che sono andata ho avuto la fortuna di vedere o non vedere il sentiero in tutte le sue fasi e poterlo anche percorrere: naturalmente era molto scivoloso e a metà siamo tornate indietro. Ma potrei continuare a scrivere all’infinito di tutte le beltà di posti che ci sono qua vicino e nei d’interni: è un posto che vi consiglio caldamente per una vacanza senza togliere niente a Gernika, cittadina piccola e familiare che trasuda storia dai propri muri. È stato bello poter vedere il murale del quadro di Picasso, “Gernika” appunto. Se venite in vacanza in queste zone però preparatevi: la loro lingua principale è propria il basco, e vi posso garantire che è incomprensibile. Un giorno la fisioterapista mi ha detto che secondo lei, più o meno, per imparare bene il basco ci vogliono cinque anni: per me va benissimo lo spagnolo, grazie! Anzi, Eskerrik asko.

 

Il mio inglese migliora a vista d’occhio, la mia coinquilina ha una pazienza pazzesca, nel comprendermi ed aiutarmi a migliorare, anche per quanto riguarda i vocaboli nuovi. Gabby è una ragazza molto solare, ma anche molto timida, mi sono trovata bene in casa con lei, anche perché avevamo creato le nostre abitudini e preso i nostri spazi senza problemi. Non è la prima volta che abito con altre ragazze e soprattutto ragazze di altri paesi e quindi anche altre culture, ma, nonostante ciò, mi affascina sempre vedere e vivere, anche in certi aspetti, il modo in cui si relazionano e approcciano ad un’esperienza del genere. 

 

A proposito di nuove giocatrici: apriamo un piccolo capitolo sui movimenti che ci sono stati in Spagna, ma soprattutto nella nostra squadra. Per quanto riguarda la Lega, ci sono stati parecchi spostamenti, mai visti così tanti, tanto da chiedere alle stesse spagnole se fosse normale una situazione del genere. Una ragazza mi ha raccontato che negli scorsi anni è sua vecchia squadra è arrivata a cambiare nove giocatrici nell’arco della stagione per infortuni e vari problemi: sono rimasta scioccata; è praticamente una squadra completamente nuova. In generale, però, mi ha confermato il fatto che quest’anno le giocatrici si sono spostate tanto, e anche da noi è successo. Il primo su tutti è il nostro centro americano, Maya Dodson, la quale si è infortunata durante l’estate e quindi non è potuta venire in squadra dall’inizio: ci raggiungerà a fine dicembre, per disputare poi la prima partita dell’anno insieme a noi – praticamente alla fine del nostro girone di andata. Partivamo con una squadra di 11 giocatrici senior, per ritrovarci subito all’inizio con 10, ma con una lunga in meno. Il nostro roster è formato da una ragazza francese, una lituana, una portoghese, due americane, cinque spagnole e me. Nel primo periodo della stagione, infatti, in quasi tutta la preseason, infatti, le nostre esterne più fisiche hanno dato una mano in allenamento da 4, soprattutto Angie e la mia coinquilina Gabby. La seconda americana, Grace, invece, ci ha raggiunto poco prima dell’inizio della stagione ufficiale per via della Wnba: la sua squadra è andata avanti nei loro playoff così da averla in “ritardo”. Lei non è la classica americana come le conosciamo noi, è molto timida e riservata, a volte anche troppo, la sentiva parlare raramente, ma era piacevole essere sua compagna di squadra, ed ha molto talento dal mio punto di vista. Tutto sembra andare per il meglio, ma dopo la situazione di Mario, Angie per i motivi spiegati prima, ha deciso di lasciare la squadra perché la situazione era diventata insopportabile per lei. La società, quindi, è costretta ad andare sul mercato perché, da 11 giocatrici, ci siamo ritrovate in un numero non sufficiente per l’allenamento e disputando anche l’Eurocup, era importante avere competitività in allenamento e maggior rotazione durante le partite. Decidono di prendere Crystal, una americana con contratto determinato che durasse fino all’arrivo della giocatrice infortunata, Maya. È una giocatrice con molta personalità, al contrario di Grace, è stata presa da 4, anche se in realtà per le sue caratteristiche fisiche e tecniche era ed è un 3. Dopo non tanto tempo Lucas se ne accorge e anche durante le partite la utilizza maggior tempo da esterna. Il bello di questo inizio di stagione? In momenti e partite differenti, sono protagoniste giocatrici differenti, tutte sullo stesso piano e fiducia nei nostri confronti anche se Crystal aveva la tendenza di giocare molti palloni per lei… ma con il senno di poi posso dire che avere una giocatrice del genere in squadra può toglierti le castagne dal fuoco in più di qualche situazione. Ma lo dico proprio sinceramente, nel nostro mondo, queste situazioni e dinamiche non vengono viste troppo bene, o meglio, troveremo sempre persone che hanno da dire qualcosa su un’altra giocatrice: abilità sta nel non farsi scalfire da questi commenti ed avere un carattere forte e molta personalità e autostima aiuta tanto.

Equilibri cambiati, cambiano al cambiare delle giocatrici, ma finalmente la gestione e il nostro “balance” sembra aver trovato la giusta strada, almeno fino a dicembre. Ma così non è, dopo circa un mese dall’arrivo di Crystal, l’altra americana Grace, decide di terminare il suo contratto e andare via. Per lei era il primo anno over season e credo, almeno si presume perché lei non si è mai espressa troppo, non si trovasse molto bene: venire dall’America e trovarsi in una cittadina piccola come Gernika dev’essere stato un bel “salto”. In aggiunta aveva riscontrato un problema ad un dito della sua mano, con una leggera frattura: ha preso la palla al balzo ed ha deciso di tronare in America per curarsi, pensare e prepararsi alla prossima stagione di Wnba. La società torna sul mercato prendendo un’altra americana che aveva, come Crystal, già militato nel campionato spagnolo nelle stagioni precedenti: Stephanie. È inutile dirvi che la squadra, anche se erano passati mesi, era ancora in costruzione. Nonostante Steph e Grace fossero dello stesso ruolo, hanno naturalmente caratteristiche diverse: Grace è una giocatrice che preferisce attaccare dal palleggio, mentre Steph è una tiratrice pura. La nostra stagione sta procedendo bene, stiamo vincendo tanto sia in campionato che in Eurocup, centrando anche la fase successiva ai gironi, nonostante il nostro girone avesse una partita in meno perché era presente una squadra israeliana e sappiamo tutto quello che è successo con la guerra all’inizio dell’anno sportivo. Steph veniva proprio da là, dal campionato israeliano. È riuscita ad uscire dal territorio in tempo per poi venire da noi. Nei primi periodi ci raccontava l’atmosfera e quello che stava accadendo in prima persona. “Sembrava tutto normale, una giornata come le altre. il giorno prima ero andata in spiaggia a prendere uno’ di sole, la notte i hanno svegliato per via delle bombe, per metterci al sicuro e aspettare che il peggio finisse. Notti lunghe, cuore in gola e gambe che tremano. Non si è mai preparati a vivere una situazione del genere”.  Ho i brividi solamente nel ricordarlo e scriverlo. 

La nostra stagione continua, con normali alti e bassi, ma dove il suo arrivo, sembriamo aver trovato la quadra della situazione, addirittura giocandoci il quarto posto nella partita contro Girona, che voleva dire entrare come testa di serie alla “Copa de la Reina”, l’equivalente della nostra Coppa Italia.

 

22/12/2023

“Sono sul pullman, in una delle tante trasferte di quest’anno e tante ce ne saranno. Sto iniziando ad apprezzare i viaggi in pullman: paesaggi meravigliosi lungo il percorso con tante pale eoliche si creano dipendenza nel guardarle e perdersi nei pensieri o a volte anche nel “buio” più totale, solo godersi il momento. La possibilità di fare parecchie cose come studiare su Duolingo lo spagnolo, lo imparerò come si deve? Devo ancora trovare delle posizioni comode che non sia sdraiarmi per terra, ma per questo ci possiamo lavorare su. L’ambiente e l’atmosfera va meglio, e sono convinta che andrà sempre nel verso giusto: la vittoria in Eurocup ci ha sinceramente aiutato nel ritrovare un po’ di serenità e di felicità nel trascorrere del tempo dentro la palestra nonostante tutto quello che sta accadendo. Ad oggi non ci sono molte novità, non di più rispetto a quelle rinvenute un paio di giorni fa. Siamo andando a Girona per l’ultima partita prima della pausa di Natale, non vedo l’ora di essere a casa e staccare un po’ la testa dal basket anche se, ve lo posso garantire, le conversazioni andranno in quella direzione. Si dice sempre che dopo Natale la stagione finisce in un batter d’occhio e credo sia proprio così perché mi sembra ieri la prima volta che sono arrivata qua, con il mio scarso inglese e il mio modo -forse- impacciato di relazionarmi e vivere un mondo e un’esperienza nuova. Posso dire parlando a me stessa che ho fatto dei passi da gigante e sempre grazie alla mia -bassa- autostima, non pensavo di fare, non così tanto. 

La testa come è normale che sia si trova già a casa, ma siamo tutte professioniste e scenderemo in campo per portare a casa la partita perché è importante per mettere un altro mattoncino nel percorso ma soprattutto per tornare a casa felici di aver fatto al meglio il nostro lavoro. Quando rientriamo ci sarà la nuova giocatrice, come sarà? E come andranno gli equilibri di squadra adesso? Sono molto curiosa... e forse spaventata? Non credo, ho dato e sto dando il massimo, quello che sarà, sarà… enjoy every moment”

 

La partita purtroppo non è andata come speravamo, ma comunque abbiamo raggiunto il quinto posto, molto buono per una squadra che ha avuto molti problemi. Girona è stata una delle ultime partite di Crystal, cambieranno gli equilibri, questa volta credo in maniera drastica perché Maya è un cinque puro: le mie sensazioni scritte a caldo si sono rivelate veritiere. Da questo momento posso dire che è iniziato il declino, personalmente per quanto riguarda il minutaggio di gioco, nonostante avessi fatto una prima parte di stagione molto buona, ma soprattutto di squadra, iniziando a perdere sia in Europa, sia nel campionato spagnolo: da quinte a metà stagione a lottare per entrare nei playoff… e rimanerne fuori per aver lasciato dei punti preziosi per strada. Maya è una ragazza molto solare, non ha avuto problemi ad integrarsi nel gruppo, anche arrivando a metà stagione: caratterialmente è un po’ come Steph e Grace, molto tranquilla e possiamo dire anche riservata. Ha una fisicità e un atletismo che fa invidia a tutti: mi è piaciuto molto giocare contro e con lei, forse lei non lo sa, ma mi ha fatto crescere parecchio. Una delle prime volte che mi ha visto e che ci siamo conosciute ha fatto un’affermazione che non è strana o particolare, ma che ancora oggi mi ricordo perfettamente: “in tutto questo periodo che ero a casa seguivo la squadra guardando le partite e i vostri risultati e… quanto sei alta? Dallo streaming sembravi più bassa e invece sei quasi come me”, io alla sua affermazione potevo solamente che accennare un sorriso.

 

03/01/2024

“È iniziato un nuovo anno, si dovrebbe voltare pagina e riiniziare, ma la verità è che è un giorno qualunque, un giorno dopo al 31 dicembre dell’anno precedente che si porta con sé il percorso fatto fino a quel momento. Un cambiamento c’è stato, è andava via una giocatrice è subentrata un altra, di diverso ruolo, lei è un 5. Partita giocata oggi e vinta, ma che sofferenza, senza secondo allenatore e il mio minutaggio che è stato di nuovo di 11 minuti, entrando per 4 e stando in panchina per 20. A mente calda è facile pensare e scrivere come mi sento, ma forse non sono troppo lucida. Ero congelata, riesco a sentire il freddo se ci ripenso. Tutti mi dicono che devo essere più incisiva e che, al contrario di quando ero piccola, la partita devo andarla a prendere e non aspettare che venga da me. Ho talmente un vissuto trasandato che adesso è come se ci sono fossero molte cicatrici dentro di me, cicatrici e pensieri che non sempre riesco a controllare, ma che escono fuori senza volerlo e nella forma che vogliono loro, senza avere un apparente potere su di loro. Mi sento un po’ giù, mi brucia lo stomaco e mi fa male la testa ma quanto freddo e rospi butto giù perché ogni cosa che fai, non è mai giusta ed è un motivo per lamentarsi e creare problemi. Ma forse il problema sono io, perché ogni volta, mi ritrovo sempre in questa situazione e fare il triplo della fatica ogni volta per uscirne. La gestione così non fa per me, non riesco a dare il mio massimo così, ma forse nessuno ci riuscirebbe. Ma perché la gente non si fida di me e devo essere sempre quella messa nell’angolo senza motivo? Non capisco e forse con il tempo imparerò a capire, imparerò ad aggredire la partita senza che altre idee, pressioni e situazioni entrino nella mia testa e la plasmino a loro piacimento solo perché quelle famose cicatrici crescono un vortice dentro di me di emozioni-ansia- pensieri non consoni per giocare la partita e soprattutto divetterai e sentirsi sereni. Abbiamo vinto la partita, il clima dovrebbe essere alle stelle, ma per come giochiamo, nessuna è felice, tanto meno io giocando in questo modo. Il 2024 è iniziato e spero continui in maniera differente, abbiamo raggiunto la coppa della regina, ma se continuiamo così prendiamo schiaffi da chiunque. Mi ricordo le parole di Lucas di qualche settimana fa: erano veritiere? Perché il mio percorso deve essere sempre una montagna russa? … ma ne uscirò anche questa volta, come tutte le altre volte.”

 

Mi sento di darvi un piccolo spoiler, per non farvi rimanere troppo sulle spine: la situazione purtroppo non è cambiata, si sono creati degli “equilibri” un po’ particolari e difficili da comprendere perché alla base di tutto questo non c’è una logica, se possiamo dire così. La situazione piano piano sta crollando, come quando un castello di sabbia viene, a poco a poco, mangiato dall’acqua del mare, fino a distruggerlo completamente. Tutti sappiamo che perdere non aiuta, soprattutto se viene disputata una partita non al nostro livello, al nostro massimo. In questo periodo mi domandavo cosa potessi e potessimo fare in più per migliorare questa situazione, ma sinceramente ho faticato a trovare una risposta, ma mi continuavo a dire di allenarmi forte, di dare il massimo e che il mio momento sarebbe arrivato. 

 

 

14/01/2024

“In questo mondo, in quello sportivo e non solo, essere gentili, disponibili, empatici non sia un pregio ma un punto debole dove le persone possono dire e fare di te quello che voglio. In questo mondo ci vogliono i coglioni, bisogna avere un carattere forte, che non guarda in faccia a nessuno perché dove vado, prendo sempre porte in faccia. Allora la domanda sorge spontanea. Sono io il problema? O è l’ambiente e il posto in cui viviamo, in cui vivo. Mi passa per la testa questo pensiero dopo aver visto come mi trattano e soprattutto come si comportano con Maya, un’americana atipica, l’opposto di quello che si pensa. Lei è molto, ma molto simile a me caratterialmente e infatti anche lei sta “subendo”, ci siamo legate fin da subito, si dice che si sta molto bene con i propri simili, ed è stato così. Ieri ho giocato ben 13 minuti su 45 (over time) senza un apparente motivo ma solo semplicemente perché l’allenatore, che non doveva nemmeno fare il primo, punta su altre giocatrici, fatalità quelle spaccano di più i coglioni, scusate il termine, dalla mattina alla sera. È sempre così, l’americana che è andata via aveva un carattere forte e non ha avuto problemi, anzi l’allenatore aveva addirittura paura di lei, robe da mettersi le meni nei capelli. Tante belle parole, come sempre del resto, progetti che alla fine non vengono rispettati, ma sono solo parole campate in aria che con il tempo svaniscono ritornando alla solita routine, anzi peggiore. Tutto questo, puntualmente succede dopo Natele… ma cosa succede durante le feste? Siamo sempre le solite giocatrici, la solita dinamica-sembrerebbe- ma a quanto pare non è così. Le decisioni prese nella seconda metà della stagione non sono collegate alla prima, ve lo posso garantire e adesso, non importa se una giocatrice faccia bene e male, ma anche qua, dopo poco tempo siamo etichettate per dare una spiegazione, un senso logico agli avvenimenti, anche se un senso logico non esiste. Mi fermo e penso nuovamente alle belle parole che mi aveva detto Lucas prima di una partita di Eurocup, sul come riesco sempre a rimanere sul pezzo nonostante tutto, ma io mi sarei stufata di dover lottare sempre contro tutti per avere un briciolo di fiducia di quello che faccio e in quello che sono. Perdo tempo, gli altri crescono e io mi congelo in panchina, ma non mollerò, non la darò vinta di nuovo al primo che passa anche quando tutto sembra remarmi contro, un'altra volta.”

 

Tutto sembra andare più o meno liscio, per quanto possa essere giusta questa parola, fino ad arrivare al mio rientro post raduno nazionale di febbraio. Arrivo a casa e trovo naturalmente la mia coinquilina Gabby, per scambiare un po’ di chiacchere, chiedere come sono andati gli allenamenti, insomma, parlare del più e del meno. Mi interrompe quasi subito dicendomi che avrebbe lasciato la squadra, che non si trovava nemmeno lei bene con questa gestione e principalmente il modo in cui veniva utilizzata e viveva tutta la situazione. Io inizialmente sono rimasta immobile, non sapevo che dirle, sapevo che non si trovava molto bene, ma non credevo arrivasse ad andarsene via. Primo anno fuori casa e sono riuscita anche a cambiare coinquilina. Abbiamo affrontato l’argomento, ma nel vederla molto serena e tranquilla della sua scelta, di conseguenza lo sono stata anche io. Adesso che avevamo creato le nostre abitudini, a distanza di due mesi scarsi alla fine del campionato, inizia una nuova stagione, dentro la stagione. Nuove routine e abituatine: alla fine sai sempre quello che lasci, ma non sai quello che trovi. 

La nuova coinquilina Zoe non tarda ad arrivare: è una ragazza spagnola, completamente diversa da Gabby, credo solamente per il fatto che è più simile a me nel modo di “vivere”. Fin da subito mi trovo molto bene, parliamo parecchio e svolgiamo le mansioni di casa insieme: una normale convivenza sportiva. 

Ricapitolando, a fine febbraio è finito il nostro mercato, cambiando nel corso di questi 5 mesi parecchie giocatrici: Crystal in sostituzione di Maya fino a dicembre, Angie che dopo un mese e mezzo circa è andata via, Steph per Grace e Zoe per Gabby. Niente male, no?

 

La nostra stagione europea si spegne nei quarti di finale contro Londra, squadra che alla fine ha vinto il campionato di Eurocup, squadra che era stata costruita per fare un percorso in Eurolega; quindi, vien da sé che la loro struttura era molto buona. Per quanto riguarda il campionato spagnolo, sapete meglio di me che quando inizi a perdere, il morale non è dei migliori, ma abbiamo da disputare una delle competizioni più prestigiose della spagna: la Copa de la Reina. Quest’anno, a differenza dello scorso, si è svolta su un campo neutro, a Huelva, ovvero in un palazzetto dove non ospita nessuna squadra in massima categoria femminile. Lo scorso anno questo evento era riuscito a fare sold-out il palazzetto di Zaragoza, con proprio quest’ultima che ha alzato in aria il trofeo. Prima partita a Huelva contro Avenida, una delle potenti del campionato spagnolo, ma in partita secca può succedere qualsiasi cosa. 12 ore di pullman per arrivare, si trova dalla parte opposta della spagna rispetto a Gernika. 12 ore trascorse nel pullman durante la notte il giorno prima della partita: tutto sommato, cercando di dormire un po’, non è sembrato così eterno, anche se un po’ di stanchezza si avverte comunque. Arriviamo in questo villaggio, nella quale alloggiano tutte le squadre, anche le ragazze della Mini Copa, ovvero la Coppa del campionato giovanile u15. Non vi nascondo che c’era un po’ di emozione e adrenalina, incontrare e salutare tutte le ragazze con la quale hai avuto la fortuna di giocare insieme o contro, sia a livello giovanile che senior, con la nazionale e con i vari club. Parlando con le persone che avevano già disputato questo evento, mi hanno detto che solitamente viene organizzato in maniera migliore, per quanto riguarda gli alberghi e i vari spostamenti, ma sapete cosa vi dico? Per me è stata una vera e propria figata. 

Purtroppo, la nostra avventura in questa manifestazione è finita dopo la prima partita, persa contro Avenida di una decina di punti: loro sono sempre state in controllo e non siamo mai riuscite nell’arco dei quaranta minuti ad azzannare la partita. L’atmosfera, nonostante fosse un quarto di finale, era da brividi, come i quarti del giorno prima, visti dal vivo dopo il nostro allenamento pre-gameday. Durante la nostra partita si erano schierate le due tifoserie: da una parte la marea bianca-blu e dall’altra la nostra mitica marea granata. È stato pazzesco come così tanta gente, nonostante il posto non fosse dietro l’angolo, sia venuta a sostenerci in una partita così delicata quanto complicata. Alla fine del match, infatti, poi ci siamo fermati davanti al nostro pubblico per ringraziarli per essere sempre al nostro fianco e nonostante tutto essere entrati in una competizione del genere, insieme alle big.

Ogni evento porta con se emozioni ed esperienza e anche questa volta mi sento di dire che è stato proprio così: mi auguro di avere la possibilità di farlo di nuovo. 

 

13/04/2024

Penultima partita di regular season. Abbiamo le spalle al muro per quanto riguarda i playoff: per rientrare dobbiamo portarci a casa le ultime partite che ci rimangono, questa appena giocata contro il Celta e l’ultima in casa di Avenida. Percorso che è abbastanza turbolento perché, nel caso delle due vittorie, abbiamo bisogno di guardare i risultati delle altre partite per sperare di essere dentro. Una stagione andata molto bene fino alla fine del girone d’andata, con 9 partite vinte, contro le 5, fino ad ora della seconda fase. Potevamo essere tranquillamente dentro, senza grossi problemi, ma non si possono cambiare le cose, solamente provarle a fare in maniera migliore, partendo dall’allenamento successivo. Partita contro il Celta portata a casa e il mio minutaggio è ritornato a quello dell’inizio: poco meno di 20 minuti e una buona prestazione. Sono contenta perché, oltre alla vittoria di squadra, sembra essere tornato tutto alla normalità, ma una partita non significa niente, soprattutto perché può essere una delle ultime. È iniziato piano piano il countdown, ultimo lunedì, ultima sessione di pesi, ultimo riscaldamento… non mi sono mai piaciuti questi momenti. La situazione è difficile e molto in bilico, ma come dicono i saggi “nulla è impossibile, mai dire mai”. 

 

La stagione si è conclusa con un decimo posto, non credo ci sia altro da aggiungere sotto questo aspetto perché le parole sarebbe inutili. La vittoria della penultima partita non è serviva a molto perché l’ultima partita è stata persa, abbastanza male, contro Avenida. Per passare ai playoff, dovevamo vincere quest’ultima partita e guardare/sperare che altre squadre portassero o meno la partita a casa. A fine dei conti, anche se avessimo vinto, non ci saremmo qualificate perché una di quelle squadre che “doveva perdere” per lasciare il posto a noi, ha vinto, togliendoci a quel punto qualsiasi possibilità di rientrarci. Sicuramente questa stagione è finita con l’amaro in bocca per quanto riguarda i risultati e quello che potevamo fare. È stata una stagione complicata, sotto vari punti di vista, ma sono convinta che mi sia servita e che mi abbia fatto indubbiamente crescere presentandomi e presentandoci davanti situazioni alle volte più grandi di noi, senza possibilità di controllo.

Ma in tutto l’anno sportivo ho avuto la fortuna di visitare territori per me inesplorati e che meritano di essere visti, in tutte le stagioni dell’anno, di conosce la storia e le culture del posto e di fare amicizia con gente formidabile, in campo e soprattutto fuori. Emozione pura, gli eventi che susseguono parlano da soli.

 

17/04/2024

Mi sento viva. 

Sto provando gioia allo stato puro. 

In questi giorni ho salutato le mie piccole fan che mi hanno seguito tutta la stagione e non solo perché ho scoperto che mi seguivano tramite le dirette delle partite già da molti anni e questo mi ha riempito di felicità. La prima ragazza che ho incontrato è stata quella che vi ho raccontato all’inizio, il piccolo aneddoto, ragazza super come del resto tutte le persone che ci seguono, dai più grandi ai più piccolini. Gernika è una cittadina molto piccola ed è una famiglia, lo è stato fin da subito. 

A proposito di famiglia, ho avuto anche l’onore di fare un pranzo con una famiglia con la figlia che gioca nei Fenomenoak, ovvero il gruppo che racchiude persone con deficit mentali: è stata una giornata piacevole che non scorderò facilmente. Vederli felici è stato molto gratificante.

Ho avuto la fortuna di conoscere, anche se solamente verso la fine, Naiara, una ragazza che segue da sempre la squadra di Gernika e che mi ha raccontato un po’ la storia della cittadina regalandomi anche una spilletta raffigurata l’uccello che si trova nel quadro di Picasso, “Gernika2, simbolo di pace e amore. Semplicemente stupendo.

La seconda piccola fan, Olatz, è una ragazzina di 10 anni che vive a una mezzoretta da Gernika e tramite suo papà, siamo riuscite ad organizzarci per vederci in quanto non erano riusciti a venire nella nostra ultima partita in casa. La conoscevo, o meglio, c’eravamo già viste in campo per un paio di foto e scambiare due chicchere al volo. Ma quel giorno è stato diverso: forse perché era in un contesto fuori dal rettangolo da gioco, forse perché per lei era un po’ una sorpresa… non so chi fosse più emozionata, appena ho visto lei e suo padre, la loro faccia è subito cambiata, si è illuminata di gioia, luce nei loro occhi e nei miei. Avevo il cuore in gola per l’emozione, credo come Olatz perché infondo siamo tutte bambine dentro e poi io sono particolarmente sensibili. Mi ha fatto molto piacere ed è stato il più bel regalo che potessero farmi. Abbiamo avuto modo di parlare un po’ e lei mi ha fatto un po’ di domande, all’inizio molto timida, poi però ha preso coraggio. Ho scoperto che la sua storia, seppur molto più breve di quella mia attuale, è molto simile al mio inizio: i genitori non hanno mai praticato basket e quando ha preso la palla in mano è stato subito amore a prima vista. Il padre mi ha raccontato anche che a scuola, prima che iniziasse a praticare la pallacanestro veniva un po’ presa in giro per il suo fisico: con la palla in mano è diventata “un’altra persona”, prendendo consapevolezza di se stessa e nel suo potenziale, anche fuori dal rettangolo da gioco. Così diverse, ma così simili e mi riempie il cuore sapere che per lei sono stata un punto di riferimento da seguire nel suo cammino. Emozione unica, sono grata per tutto questo.

 

Nonostante tutto questo credo siano le fortune più grandi, perché alla fine del giorno i risultati nel tempo svaniscono, la Persona rimane ed anche tutti quelli che hanno incrociato la mia strada e mi hanno donato un pezzetto di loro stessi. 

A loro dico Grazie. 





Ma Dè, Sara Madera blog


  Sarà un posto dove condividerò pensieri e parole delle mie esperienze, cestistiche, di vita e di viaggi. 

Vi starete chiedendo perché questo nome... nasce dall'assanonanza tra il mio cognome e soprannome collegati alle mie origini livornesi, dove interiezione nel dialetto locale è tra le più diffuse. 

L'idea mi è venuta per raccontare la mia esperienza spagnola, appena conclusa;  in fondo il blog di Legno Sara non suonava poi così bene 😜